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"Sono partito, non sono piů ritornato, questa volta". Cosě chiude l'ultimo racconto di questa raccolta, scritta nel 1934, che ci svela il senso della guerra per Drieu La Rochelle: l'impossibilitŕ di fare ritorno alle commedie della vita civile dopo aver provato il disgusto e l'ebbrezza del grande conflitto del '14-'18, che la tecnica ha reso ancor piů disumano. Eroismo e viltŕ, esaltazione e disincanto, ideologia e cinismo si confondono nei personaggi della "Commedia, che narrano la loro esperienza sapendo di non poter essere creduti da chi nella pace č ansioso di ritrovare soprattutto le proprie illusioni. Come la signora Pragen, la borghese arricchita del primo racconto, che cerca le tracce del figlio sul campo di Charleroi, ma fugge la realtŕ di una guerra che, nei massacri di massa, ha perso anche le sue retoriche e le sue finzioni romantiche. E gli uomini che hanno vissuto il furore delle trincee sono giŕ quelli che, incapaci di abbracciare una condizione diversa dallo stato d'eccezione, andranno a popolare le grandi mobilitazioni totalitarie del Novecento. In questo senso "La commedia di Charleroi", con la sua lingua intensa, oscillante tra luciditŕ e follia, č emblematica di uno scrittore che, al di lŕ di ogni etichetta politica, ha fatto della propria opera e della propria sofferenza la testimonianza tragica del disagio di un'intera generazione. Introduzione di Attilio Scarpellini.